Mancato pagamento stipendi e TFR

blocco

Qualora il datore di lavoro ometta il pagamento della retribuzione e/o del TFR il lavoratore deve procedere alla messa in mora del datore di lavoro e successivamente ricorrere al Giudice del Lavoro per ottenere il riconoscimento del credito.
E’ possibile richiedere l’intervento della Direzione Provinciale del Lavoro per esperire il tentativo di conciliazione monocratica ex art. 11 l. 124/2004 per ottenere il versamento delle differenze retributive spettanti e di tutti gli emolumenti dovuti per legge. Nell’ ipotesi di mancato accordo ovvero di assenza di una o di entrambe le parti convocate, attestata da apposito verbale, la Direzione Provinciale del Lavoro darà seguito agli accertamenti ispettivi nei confronti del datore di lavoro.
Qualora il datore di lavoro operi in regime di appalto, le retribuzioni non corrisposte possono essere richieste dal lavoratore alla committente.
E’ utile precisare che l’ omissione nel versamento del corretto montante contributivo, rientra palesemente nella casistica del cd. “lavoro nero” e costituisce evasione contributiva soggetta a sanzione civile e nei casi più gravi a sanzione penale.

Solidarietà tra committente e appaltatore

Per fornire un inquadramento sistematico del regime della solidarietà tra committente ed appaltatore previsto dall’art. 29, 2° comma, D. Lgs. n. 276/2003, è necessario esaminare le varie disposizioni che pongono in capo al committente, soggetto quindi estraneo al rapporto di lavoro, gli obblighi nei confronti dei dipendenti dell’appaltatore per una più ampia tutela e garanzia dei lavoratori.
L’art. 1676 c.c. (1942), secondo cui “Coloro che, alle dipendenze dell’appaltatore, hanno dato la loro attività per eseguire l’opera o per prestare il servizio possono proporre azione diretta contro il committente per conseguire quanto è loro dovuto, fino alla concorrenza del debito che il committente ha verso l’appaltatore nel tempo in cui essi propongono la domanda” a differenza dell’art. 29 D. Lgs. n. 276/2003, si applica anche nei confronti dei committenti persone fisiche o che comunque non svolgano attività d’impresa o professionale (in sostanza, il semplice committente privato senza propri dipendenti). L’art. 1676 c.c. dà luogo ad un’azione eccezionale concessa a maggior tutela dei lavoratori nei confronti di chi, pur estraneo ai rapporti individuali di lavoro, si è comunque avvalso del risultato della prestazione degli ausiliari. Tale profilo evidenziato si pone alla base della ratio delle regole sulla responsabilità solidale tra committente ed appaltatore, non potendosi tollerare che il committente, da un lato, si avvantaggi dei risultati della prestazione lavorativa svolta in suo favore da chi, formalmente, è alle dipendenze di altri, mentre, dall’altro, pretenda di essere integralmente estraneo rispetto al soddisfacimento dei crediti retributivi di tale dipendente ovvero rispetto al versamento dei contributi in favore del medesimo. Orbene, se l’azione diretta proposta dal dipendente dell’appaltatore contro il committente per conseguire quanto gli è dovuto, fino alla concorrenza del debito che il committente ha verso l’appaltatore al momento della proposizione della domanda, è prevista dall’art. 1676 c.c. con riferimento al solo credito maturato dal lavoratore in forza dell’attività svolta per l’esecuzione dell’opera o la prestazione del servizio oggetto dell’appalto, correlativamente, sul contesto applicativo dell’art. 29, 2° comma, D. Lgs. n. 276/2003, il fatto generatore della responsabilità solidale del committente è rappresentato dall’esistenza del contratto di appalto e dall’esplicazione della prestazione lavorativa dei dipendenti dell’appaltatore nell’ambito del contratto di appalto medesimo. In particolare, dalla lettura del testo della norma espressa dal citato art. 29 D. Lgs. n. 276/2003 (risultante a seguito delle modifiche apportate dal D. Lgs. n. 251/2004 e dalla legge n. 296/2006), si evince che “In caso di appalto di opere o di servizi il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali ulteriori subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti”. E’ evidente la ratio della norma: il sistema di responsabilità solidale dei contraenti principali nei confronti degli obblighi dei loro subappaltatori incoraggia i contraenti principali a garantire il rispetto della legislazione del lavoro da parte dei loro partner commerciali, dimodoché il subappalto e l’outsourcing non crei squilibri economici e sociali tra i lavoratori che potrebbe scatenare una corsa al ribasso delle condizioni di lavoro (cfr. in tal senso la risoluzione 11 luglio 2007 del Parlamento Europeo). Con l’emanazione dell’art. 29 D. Lgs. n. 276/2003, quindi, rispetto all’art. 1676 c.c., la solidarietà si estende, a tutto il credito retributivo e non è contenuta nei limiti del debito che il committente ha verso l’appaltatore al tempo della domanda. Quindi nulla rileva che il credito dedotto dall’ingiungente sia superiore agli importi dovuti dalla Committente all’appaltatore per il periodo di riferimento così come nulla rileva il fatto che nel contratto di appalto possano essere state inserite clausole di manleva che esonerino la committente da ogni obbligo e/o responsabilità derivante dal proprio personale impiegato per quanto attiene a:1) retribuzioni; 2) contributi assicurativi e previdenziali;3)danni causati a persone e/o cose nel corso dello svolgimento del servizio; 4) responsabilità civili e penali verso terzi e/o forze dell’ordine dovute all’espletamento del proprio servizio; 5)assicurazioni per i propri per l’utilizzo dei mezzi in dotazione poiché lo stesso art. 29 D. Lgs. n. 276/2003 (alla pari dell’art. 1676 c.c. ovvero dell’art. 3 della legge n. 1369/1960) non prevede alcuna possibilità di esonero per il committente dalla responsabilità solidale, né alcuna limitazione della stessa. E’ utile rilevare che in tema di solidarietà tra committente ed appaltatore anche l’art. 26 D. Lgs. n. 81/2008 e s.m.i., in tema di cooperazione e coordinamento nella gestione degli adempimenti di sicurezza al 4° comma stabilisce che: “Ferme restando le disposizioni di legge vigenti in materia di responsabilità solidale per il mancato pagamento delle retribuzioni e dei contributi previdenziali e assicurativi, l’imprenditore committente risponde in solido con l’appaltatore, nonchè con ciascuno degli eventuali subappaltatori, per tutti i danni per i quali il lavoratore, dipendente dall’appaltatore o dal subappaltatore, non risulti indennizzato ad opera dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) o dell’Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA). Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici”. Anche riguardo alla esclusione dalla solidarietà delle quote di T.F.R. maturate dal lavoratore, tale ipotesi non può essere accettata qualora fondata sull’assunto che l’art. 29 cit. non prevedeva, anche una solidarietà per il T.F.R, ma solo per le retribuzioni correnti e differenti. Infatti dal raffronto della Legge Biagi e del successivo DL n. 5 del 2012, si evince come il Legislatore, confermando il limite temporale per far valere l’obbligazione in solido in due anni decorrenti dalla data di cessazione del contratto di appalto, abbia semplicemente e doverosamente colmato la laconicità di detto art. 29 enucleando i trattamenti retributivi, con l’importante specificazione ed inclusione delle quote di TFR maturate e i contributi previdenziali nonché i premi Inail dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto rientrando nella responsabilità solidale. Costante giurisprudenza ha ritenuto del resto le quote del T.F.R. pacificamente ricomprese nella responsabilità solidale della committente nei confronti dell’appaltatore. Quindi “il debito per il t.f.r. deve quindi in ogni caso riconoscersi in capo alla (…), e al committente solidalmente responsabile, salvo un possibile diritto di regresso da parte di costoro nei confronti del Fondo di Tesoreria istituito presso l’INPS, da far valere eventualmente in separato giudizio. Con riferimento, poi, alle eccezioni relative all’ambito temporale dell’art. 29 D.Lgs. n. 276 del 2003, rispetto a periodi anteriori alla sua entrata in vigore (in particolare per le quote di t.f.r. accantonate in epoca antecedente), si osserva … omissis … La limitazione dell’obbligazione solidale alle quote di t.f.r. dovute in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto era evincibile anche dalla lettera e dalla ratio della norma come precedentemente formulata” (Trib. Milano Sent. del 28.05.2012). In aggiunta a ciò è possibile per la committente avvalersi delle modifiche apportate dal Dl 5/2012 in merito alla tutela offerta con il c.d. beneficium escussionis, ossia la possibilità di esercitare la preventiva escussione del patrimonio dell’appaltatore per i debiti imputatigli solidalmente, purchè essa indichi i beni dell’appaltatore che possano essere aggrediti dal creditore (ossia dal lavoratore o, eventualmente, anche dall’istituto previdenziale) come si evince dalla formulazione della norma “L’eccezione può essere sollevata anche se l’appaltatore non è stato convenuto in giudizio, ma in tal caso il committente imprenditore o datore di lavoro deve indicare i beni del patrimonio dell’appaltatore sui quali il lavoratore può agevolmente soddisfarsi”. Resta a carico della committente obbligata in via solidale ex art. 29, comma 2, D.Lgs. n. 276/2003, fornire la prova dell’avvenuto pagamento delle voci di eredito azionate” (Trib. Milano Sent. del 11.07.2012)

Fondo di Tesoreria Inps

Con la legge Finanziaria del 2007 è stato istituito il “Fondo per l’erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto di cui all’art. 2120 del codice civile”, meglio conosciuto come “Fondo di Tesoreria INPS”. In tale fondo, “custodito” presso l’Inps confluiscono i trattamenti di fine rapporto dei dipendenti di aziende del settore privato (ivi compresi gli organismi pubblici privatizzati, e gli Enti “pubblici economici”.
Sono quindi esclusi i dipendenti delle pubbliche amministrazioni ex art. 1, co. 2, Dlgs 165/2001) con almeno 50 addetti, con contratto di lavoro subordinato e fatta eccezione per i datori di lavoro domestico. Il Fondo è finanziato dalle quote maturate dai lavoratori del settore privato non destinate alle forme pensionistiche complementari. Con tale Fondo viene garantita ai lavoratori l’erogazione dei trattamenti di fine rapporto, in relazione alla quota corrispondente ai versamenti effettuati al Fondo stesso. Per versare la propria quota di TFR al fondo il lavoratore non deve optare per il versamento del TFR a fondi complementari. L’Inps, quindi, si sostituisce al datore di lavoro nella erogazione del TFR a seguito di dimissioni o licenziamento. Il contributo al Fondo di Tesoreria ha natura di contribuzione previdenziale, quindi è soggetto alla stessa normativa ai fini dell’accertamento e della riscossione. Il contributo al Fondo di Tesoreria non è dovuto per i lavoratori assunti prima del 31 dicembre 2006 che a decorrere da una data compresa tra il 1° gennaio 2007 e il 30 giugno 2007, hanno conferito il TFR a forme pensionistiche complementari. Per i lavoratori assunti dopo il 31 dicembre 2006 è dovuto il versamento al fondo di tesoreria fino alla manifestazione,della volontà di destinare l’intero TFR a forme pensionistiche complementari. In caso di sospensione della prestazione di lavoro totale o parziale in regime di Cassa integrazione guadagni, viene computata ai fini del TFR l’intera retribuzione cui il lavoratore avrebbe avuto diritto in costanza di attività lavorativa. Il calcolo della quota di retribuzione annua da accantonare e da versare è pari all’importo della retribuzione annua, diviso per 13,5 computando le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni come mese intero. Alla cessazione del rapporto di lavoro il lavoratore deve presentare la domanda per la liquidazione del trattamento di fine rapporto (TFR) direttamente al datore di lavoro che provvederà a liquidare le prestazioni anche per la quota di competenza del Fondo di Tesoreria, salvo poi conguagliare il Fondo. Stesso dicasi per la richiesta di anticipazione del TFR che viene calcolata sul TFR maturato dal lavoratore.

Fondo di Garanzia Inps

In caso di insolvenza del datore di lavoro i lavoratori subordinati sono tutelati sia per i crediti di lavoro che per la posizione di previdenza complementare dal Fondo di garanzia qualora il datore di lavoro insolvente ometta di versare i contributi alle forme di previdenza complementare, ovvero ne versi in misura minore . (Art 9-bis,dl n.103 del 29.03.1991, Dl n.80 del 27.01.1992, art.21 c.7 Dl 252/2005).
Le modalità di richiesta di intervento sono differenti in relazione all’assoggettabilità o meno del datore di lavoro a procedura concorsuale, in caso di liquidazione coatta amministrativa o concordato preventivo.
La garanzia del fondo opera indipendentemente dalla causa che ha determinato la cessazione del rapporto di lavoro: dimissioni, licenziamento, scadenza del termine in caso di contratto a tempo determinato. Se il datore di lavoro è assoggettabile a procedura concorsuale il fondo interviene qualora siano verificati i presupposti di: cessazione (per qualsiasi causa) del rapporto di lavoro subordinato; apertura di una procedura concorsuale (fallimento, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa e amministrazione straordinaria); l’insolvenza del datore di lavoro; l’accertamento dell’esistenza di uno specifico credito relativo alle omissioni contributive per le quali si chiede l’intervento del Fondo di garanzia (in caso di fallimento, liquidazione coatta amministrativa e amministrazione straordinaria tale accertamento avviene con l’ammissione del credito nello stato passivo della procedura). Nel caso il datore di lavoro non sia assoggettabile a procedura concorsuale il fondo interviene qualora siano verificati i presupposti di cessazione (per qualsiasi causa) del rapporto di lavoro subordinato; l’accertamento giudiziale del mancato versamento dei contributi alla previdenza complementare; l’inapplicabilità al datore di lavoro delle procedure concorsuali; l’insufficienza delle garanzia patrimoniali del datore di lavoro a seguito dell’esperimento dell’esecuzione forzata (pignoramento negativo o pignoramento mancato del patrimonio del datore di lavoro). Possono chiedere l’intervento del Fondo: tutti i lavoratori dipendenti da datori di lavoro tenuti al versamento all’Istituto del contributo che alimenta la Gestione; gli apprendisti; i dirigenti di aziende industriali; i soci delle cooperative di lavoro. La domanda di intervento del Fondo deve essere presentata dal lavoratore secondo le modalità e nelle forme stabilite dall’INPS . In caso di decesso del lavoratore, l’intervento del Fondo può essere richiesto dagli “aventi diritto”, da identificare secondo le disposizioni dell’art. 2122 c.c., con preferenza per il coniuge, i figli e, se vivevano a carico del lavoratore, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo. L’Inps deve liquidare il Tfr a carico del Fondo di garanzia entro 60 giorni dalla data di presentazione della domanda completa di tutta la documentazione. Il diritto al Tfr si prescrive in cinque anni che decorrono dalla data di cessazione del rapporto di lavoro o in dieci anni qualora il Tfr è riconosciuto da sentenza di condanna passata in giudicato.