Mansioni superiori pubblico impiego

blocco

Differenze Retributive per mansioni superiori  – Pubblico Impiego

 

TRIBUNALE DI BARI

– SEZIONE LAVORO –

Allegato al verbale di udienza del 28 ottobre 2014

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Bari, in persona del giudice del lavoro dr. Luca Ariola, ha pronunciato – mediante lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione – la presente

SENTENZA

della causa iscritta al n. 9122 del Ruolo Generale degli Affari Contenziosi dell’anno 2007 – avente ad oggetto: mansioni superiori – vertente

tra

————————————— rappresentato e difeso dall’avv. Laura Lieggi, giusta procura in calce all’atto di costituzione depo­sitato il 15.10.2010;

ricorrente

e la

Regione Puglia, in persona del suo presidente pro tempore, con sede in Ba­ri, al Lungomare Nazario Sauro n. 33;

convenuta – contumace

ragioni di fatto e di diritto della decisione

La presente sentenza viene redatta senza la concisa esposizione dello svolgimento del processo e con una motivazione limitata alla succinta enun­ciazione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della deci­sione, anche con riferimento a precedenti conformi, così come previsto dagli artt. 132 n. 4) c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., nel testo introdotto rispettivamen­te dagli artt. 45 e 52 della legge n. 69 del 18 giugno 2009, trattandosi di di­sposizioni applicabili anche ai procedimenti pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore della legge (cioè il 4 luglio 2009) ai sensi dell’art. 58, 2° comma, della legge citata.

Il ricorso è parzialmente fondato e deve, pertanto, essere accolto per quanto di ragione.

L’istruttoria espletata ha permesso di appurare la fondatezza delle al­legazioni contenute nell’atto introduttivo in ordine alle mansioni svolte dal ricorrente nel periodo da giugno 2002 sino al luglio del 2003.

In particolare, dalla documentazione prodotta risulta che in data 25.10.2002 al ricorrente – dipendente della Regione Puglia dal 1988 attualmente collocato nella posizione economica C4 – furono occasionalmente af­fidate le funzioni amministrative in materia di ………………………………. allo sco­po di fronteggiare inderogabili esigenze operative [v. doc. 4 del fascicolo di parte ricorrente]. Nella determina dirigenziale in questione, peraltro, si dà atto della circostanza che il ricorrente aveva, sin dal 3.6.2002, occasionalmente colla­borato all’intero del Settore ………………………………. maturando nello stesso una notevole esperienza, e che peraltro egli aveva conseguito, al termine di un corso di aggiornamento professionale, la qualità di agente di polizia giudi­ziaria per l’accertamento e la repressione dei reati ricadenti nella competen­za regionale. Il Dirigente del Settore in questione ha peraltro formalmente attestato che il ricorrente (in servizio presso il Settore medesimo sin dal 3.6.2002) aveva svolto funzioni amministrative, prevalentemente di caratte­re istruttorio, dimostrando preparazione, capacità e disponibilità massima, in modo da rendersi meritevole di apprezzamento [v. doc. 5]. Risultano altresì versati nel fascicolo di parte diversi provvedimenti sottoscritti dal Dirigente del Settore (si tratta di concessioni demaniali marittime) in cui il ricorrente viene indicato quale responsabile del procedimento [v. doc. 7 ed 8], nonché verbali di accertamento nei quali il ricorrente figura come agente di Polizia Giudiziaria [v. doc. 6 e 10].

Le prove orali raccolte hanno offerto pieno riscontro alle citate risul­tanze documentali. In particolare, i testi ………………………………[v. rispettivamente i verbali di udienza del 30.10.12 e del 9.7.13] hanno riferito che l’instante era addetto full time ed in maniera esclusiva al …………………. per tutto il periodo in questione, soggiungendo che ciò dipese dalla ne­cessità, per la Regione, di far fronte al trasferimento dallo Stato delle relati­ve funzioni. I testi hanno inoltre confermato che il ricorrente svolgeva anche mansioni di Polizia Giudiziaria in relazione ai compiti specifici assegnati al Settore e che, per la sua attività, egli rispondeva direttamente al dirigente. Segnatamente, ………………….. ha ricordato che la scelta di avvalersi della collaborazione del ricorrente fu dovuta al fatto che lo stesso era una persona disponibile e dotata di capacità di apprendimento rapido delle nuove man­sioni, oltre ad essere esperto nell’uso del computer. Il teste da ultimo indica­to ha ribadito che l’assegnazione del ricorrente al ……………………. fu esclu­siva, tant’è che per l’incarico precedentemente affidato ad ………………………………., della quale rimaneva titolare, fu nominato un nuovo ausiliario di custodia, in modo tale da consentire al ri­corrente si dedicarsi alla nuova attività. Infine, ,,,,,,,,,,,,,,, ha riferito che l’attività svolta dal ricorrente era prevalentemente istruttoria, con redazione dell’atto dirigenziale di approvazione sottoposto alla sua firma per il rinno­vo di vecchie concessioni demaniali e per il rilascio di nuove concessioni in evasione di richieste pervenute.

Ciò posto, non c’è dubbio che le mansioni espletate dal ricorrente siano inquadrabili nella superiore categoria “D”, trattandosi chiaramente di attività che presuppongono – come recita la corrispondente declaratoria con­trattuale – elevate conoscenze plurispecialistiche, oltre ad un grado di espe­rienza pluriennale, e presentano un’elevata complessità dei problemi da af­frontare basata su modelli teorici non immediatamente utilizzabili ed elevata ampiezza delle soluzioni possibili. Più precisamente, sulla scorta dei criteri di corrispondenza di cui alla Tabella “C” allegata al c.c.n.l. di comparto, l’attività espletata dal ricorrente nel periodo indicato appare riconducibile alla posizione economica “D1”, in quanto si tratta di attività assimilabile a quella di “Istruttore Direttivo” operante dell’Area amministrativa (ossia «Addetti che collaborano ali ‘istruttoria, predisposizione e formazione di at­ti, documenti, riferiti ad attività amministrative; l’attività si esercita inoltre collaborando con posizioni di lavoro a più elevata contenuto professiona­le») inquadrabile nella VII qualifica funzionale del d.P.R. 347/1983.

Non appare invece corretto l’inquadramento nella posizione econo­mica “D3”, alla quale corrisponde la qualifica funzionale di “Funzionario” (cioè VIII), giacché pacificamente l’attività espletata dal ricorrente non po­teva dirsi connotata da «facoltà di decisione e autonomia di iniziativa nell’ ambito degli obiettivi e degli indirizzi generali».

Quanto alle conseguenze derivanti dall’espletamento di mansioni su­periori, è noto che, per il personale pubblico non di livello dirigenziale, l’articolo 52 d.lgs. 165/01, prevede, in sintesi, la seguente disciplina:

a) il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le qua­li è stato assunto o alle mansioni equivalenti nell’ambito dell’area di in­quadramento ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto delle procedure selettive;

b)  l’esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifi­ca di appartenenza non ha effetto ai fini dell’inquadramento del lavoratore o dell’ assegnazione di incarichi di direzione;

c)  il dipendente pubblico può essere adibito, per oggettive esigenze di servizio, a mansioni proprie della qualifica immediatamente superiore nelle seguenti due ipotesi: 1) nel caso di vacanza di posto in organico, per non più di sei mesi, prorogabili fino a dodici qualora siano state avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti; 2) nel caso di sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto, con esclu­sione dell’assenza per ferie, per la durata dell’assenza;

d) in entrambe le ipotesi, il dipendente ha diritto al trattamento pre­visto per la qualifica superiore;

e)  fuori dai casi elencati nel punto c), l’assegnazione del lavoratore a mansioni proprie di una qualifica superiore è affetta da nullità, sebbene al lavoratore spetti, comunque, la differenza di trattamento economico con la qualifica superiore; inoltre, il dirigente che ha disposto l’assegnazione ri­sponde personalmente del maggior onere conseguente, se ha agito con dolo o colpa grave;

f)   si considera svolgimento di mansioni superiori, soltanto l’attribuzione in modo prevalente, sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale, dei compiti propri di dette mansioni;

g)   qualora l’utilizzazione del dipendente sia disposta per sopperire a vacanze dei posti in organico, l’ amministrazione è tenuta ad avviare le procedure per la copertura dei posti vacanti, immediatamente, e comunque nel termine massimo di novanta giorni dalla data di assegnazione del di­pendente stesso alle mansioni superiori;

h)  la contrattazione collettiva può diversamente disciplinare la casi­stica di assegnazione a mansioni superiori (comma 2), la definizione normativa di esercizio di mansioni superiori (comma 3) e il trattamento economico spettante in caso di esercizio di mansioni superiori (comma 4);

i) fino all’approvazione di diversa disciplina contrattuale collettiva, trova applicazione il principio secondo cui lo svolgimento di mansioni su­periori rispetto alla qualifica di appartenenza non può comportare il diritto ad avanzamenti automatici nell’inquadramento professionale del lavoratore.

Nella specie deve ritenersi che l’assegnazione del ricorrente alle mansioni superiori non sia legittima, posto che non ricorre alcuna delle ipo­tesi in cui essa è consentita. Da un lato, non vi era alcuna vacanza di posto in organico, per il semplice fatto che la “cooptazione” del ricorrente nel Set­tore in questione fu disposta proprio perché l’organico, a seguito del trasfe­rimento delle relative funzioni dallo Stato alle Regioni, era divenuto insuffi­ciente. Dall’altro, è pacifico che non vi era nessuna necessità di sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto. L’assegnazione a mansioni superiori deve perciò considerarsi illegittima.

L’art. 52 cit. prende in considerazione, nel suo comma 5, anche l’ ipotesi dell’ assegnazione «a mansioni proprie di una qualifica superiore» al di fuori delle condizioni previste dai commi precedenti, per stabilire, da un lato, la nullità di detta assegnazione (con conseguente personale respon­sabilità, per il maggiore onere economico da ciò derivante, del dirigente che ha disposto l’assegnazione, ove abbia agito con dolo o colpa grave), e, dall’altro, il diritto del lavoratore alla differenza di trattamento economico con la qualifica superiore.

A tale proposito la giurisprudenza di legittimità pare essere orientata ad affermare i seguenti principi:

a) come si evince anche dall’art. 56, comma 6, d.lgs. n. 29/93 (nel testo sostituito dall’art. 25 d.lgs. 80/98 e successivamente modificato, ora riprodotto nell’art. 32 d.lgs. 165/01), l’impiegato cui sono state assegnate, al di fuori dei casi consentiti, mansioni superiori (anche corrispondenti ad una qualifica di due livelli superiori a quella di inquadramento) ha diritto, in conformità alla giurisprudenza della Corte costituzionale (tra le altre, sen­tenze nn. 908/88, 57/89, 236/92, 296/90), ad una retribuzione proporzionata e sufficiente ai sensi dell’art. 36 Cost. Si tratta infatti di norma che deve tro­vare integrale applicazione – senza sbarramenti temporali di alcun genere -pure nel pubblico impiego privatizzato, sempre che le mansioni superiori as­segnate siano state svolte, sotto il profilo quantitativo e qualitativo, nella lo­ro pienezza, e sempre che, in relazione all’attività spiegata, siano stati eser­citati i poteri ed assunte le responsabilità correlate a dette superiori mansioni

(Cass. sez. un. 25837/07 e Cass. 27887/09);

b)il diritto alla retribuzione propria della qualifica superiore non è condizionato alla sussistenza dei presupposti di legittimità di assegnazione delle mansioni o alle previsioni dei contratti collettivi, né all’operativa del nuovo sistema di classificazione del personale introdotto dalla contrattazio­ne collettiva, posto che una diversa interpretazione sarebbe contraria all’intento del legislatore di assicurare comunque al lavoratore una retribu­zione proporzionata alla qualità del lavoro prestato, in ossequio al principio di cui all’art. 36 Cost. (cfr. Cass. 18808/13 e 14775/10);

c) il diritto alle differenze retributive consegue anche allo svolgimen­to di fatto di mansioni proprie di una qualifica anche non immediatamente superiore a quella di formale inquadramento (cfr. Cass. 18808/13, 14775/10 e 20692/04), dato che l’ espressione «qualifica superiore» ha valore generico e omnicomprensivo, e non può ritenersi equivalente alla dizione «qualifica immediatamente superiore» utilizzata dal secondo comma dall’art. 52 nel delineare i presupposti dell’assegnazione legittima a mansioni superiori. Una diversa conclusione, infatti, non trova giustificazione né nella lettera della disposizione, né nella sua ratio, che è quella di assicurare comunque al lavoratore una retribuzione proporzionata alla qualità del lavoro prestato, in ossequio al principio di cui all’art. 36 Cost.;

d)il dipendente pubblico ha diritto alle differenze retributive tra il trattamento economico corrispondente alle mansioni svolte e quello relativo alla qualifica di formale assegnazione, anche quando non possa essergli ri­conosciuta l’attribuzione in via definitiva della qualifica superiore (Cass. 11615/10);

e) la disciplina collettiva costituisce la fonte esclusiva per valutare se un dipendente abbia subito, o meno, un demansionamento, ovvero un’assegnazione a mansioni superiori (Cass. sez. un. 8520/12 e Cass.29827/08);

e)lo svolgimento di fatto di mansioni superiori a quelle proprie della qualifica ha rilevanza giuridica solo a fini economici mentre, nell’ambito di un concorso per la progressione interna, non è equiparabile, in difetto di previsioni specifiche del bando, al possesso – per un tempo minimo previsto – della qualifica superiore richiesta per la partecipazione al concorso (Cass. 12087/08)

f) alla luce del disposto di cui all’art. 52 d.lgs. 165/01 n. 165, secon­do cui l’esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell’ inquadramento del lavoratore o dell’assegnazione di incarichi di direzione, nel rapporto di lavoro con le pubbliche amministrazioni vige il principio secondo cui la qualifica dirigen­ziale presuppone atti formali di inquadramento e non può, quindi, desumersi dalla natura dei compiti assegnati (Cass. 6986/08).

Applicando gli esposti principi al caso in esame deve quindi ritenersi che il ricorrente, accertato il fatto che egli nel periodo dal 3.6.2002 al 10.7.2003 ha effettivamente svolto mansioni superiori dedotte in ricorso e che le stesse sono inquadrabili nella posizione economica D1 del c.c.n.l. En­ti locali, ha diritto alle differenze maturate tra la retribuzione effettivamente percepita e quella che avrebbe dovuto conseguire sulla scorta del citato su­periore inquadramento, alle quali vanno aggiunti gli interessi e la rivaluta­zione monetaria, nei limiti id legge, dal dovuto al soddisfo. In ordine alla quantificazione delle somme non può essere utilizzato il conteggio allegato al ricorso, giacché in esso non si specifica se il calcolo è stato effettuato sul­la scorta del trattamento retributivo riservato alla posizione “D3” (chiesta in via principale) ovvero “D1” (chiesta in via subordinata).

Il ricorrente non ha invece diritto né al superiore inquadramento, né al risarcimento del danno professionale e biologico/esistenziale. Quanto alla prima domanda, si è già detto che, trattandosi di assegnazione operata al di fuori delle ipotesi consentite dall’art. 52 d.lgs. 165/01, essa non dà al dipen­dente il diritto ad ottenere l’inquadramento corrispondente alle mansioni su­periori di fatto esercitate. Quanto alla seconda, dal momento che l’assegnazione è nulla per le ragioni appena indicate, non può essere consi­derata fonte di responsabilità risarcitoria la decisione del datore di lavoro di ripristinare l’assegnazione delle mansioni corrispondenti alla qualifica in cui è inquadrato il dipendente. Si tratta infatti di una scelta dettata dalla necessi­tà di rimuovere una situazione contra legem e che, pertanto, non può far in­sorgere un danno qualificabile dall’ingiustizia.

Alla luce delle esposte considerazioni, in definitiva, il ricorso va par­zialmente accolto. Pertanto, va dichiarato che il ricorrente nel periodo dal 3.6.2002 al 10.7.2003 ha svolto mansioni superiori inquadrabili nella posi­zione economica D1 del c.c.n.l., con la conseguente condanna della Regione Puglia al versamento in suo favore delle differenze maturate.

Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno poste, pertanto, a carico della parte convenuta. La liquidazione, affidata al dispositivo che se­gue, è effettuata sulla scorta dei parametri di cui al d.m. 10 marzo 2014, n. 55, pubblicato in G.U. n. 77 del 2-4-2014, entrato in vigore il giorno succes­sivo alla sua pubblicazione (come previsto dall’art. 29 dello stesso d.m.) e le cui disposizioni si applicano alle liquidazioni successive alla sua entrata in vigore (art. 28 d.m. cit.). Per la determinazione del compenso si tiene conto dei valori medi previsti dalle tabelle allegate al d.m. 55/14 in relazione alla tipologia di causa (procedimento in materia di lavoro), al valore della con­troversia (quindi con riferimento allo scaglione compreso tra 5.200 e 26.000 euro) ed alle fasi in cui si è articolata l’attività difensiva espletata nel pre­sente giudizio (e quindi con fase istruttoria). Va inoltre liquidata una somma pari al 15% del compenso totale per la prestazione a titolo di rimborso spese forfetarie (art. 2 d.m. 55/14).

P Q M

Il Tribunale di Bari, sezione lavoro, definitivamente pronunciando sul ricor­so depositato in data 2.4.2007 nell’interesse di ………………………………. (proc. n. 9122/07 R.G.), così provvede:

1)      accoglie parzialmente il ricorso e, per l’effetto, accertato che il ri­corrente nel periodo dal 3.6.2002 al 10.7.2003 ha svolto mansioni superiori inquadrabili nella posizione economica D1 del c.c.n.l. Re­gioni ed Enti Locali, condanna la Regione Puglia al versamento in suo favore delle differenze maturate tra la retribuzione effettivamen­te percepita e quella che avrebbe dovuto conseguire sulla scorta del citato superiore inquadramento, oltre interessi e rivalutazione, nei limiti di legge, dal dovuto al soddisfo;

2)      rigetta per il resto il ricorso;

3)      condanna parte convenuta al pagamento delle spese processuali so­stenute dal ricorrente, che liquida in …………….., oltre rimborso per spese forfetarie nella misura del 15%, i.v.a. e c.p.a. come per legge.

Così deciso in Bari, il 28/10/2014.