Sanzioni disciplinari di corpo personale militare

blocco

Personale militare: Procedimenti e sanzioni disciplinari

1.Premessa

Il processo di democratizzazione delle Forze Armate, iniziato legislativamentealla fine degli anni settanta (Legge 382/78 sulle “Norme di principio della disciplina militare”, ha avviato l’attuazione dell’art. 52 comma 3 Cost.: “l’ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica”), l’innalzamento del livello socio-culturale della base del personale militare nonchè la trasformazione dello stesso nel modello professionale iniziata con la L. 331/2000, hanno inciso profondamente sui procedimenti disciplinari, fissando tempi che scandiscono le varie fasi del procedimento.

La legge n. 241/1990, ha introdotto garanzie procedimentali applicabili ai procedimenti disciplinari militari come anche confermato dal combinato disposto degli articoli 1 comma 6 e n. 1349 comma 3 del decreto legislativo n. 66 del 15 marzo 2010 (Codice dell’ordinamento militare) nella misura in cui si recepisce a carattere generale la 241/90 pur escludendo l’emanazione di ordini dalla citata legge.

Le norme inerenti la disciplina militare sono riportate nel Dlgs 66/2010 che definisce i principi fondanti della “disciplina militare” sancendo le “posizioni reciproche del superiore e dell’inferiore, le loro funzioni, i loro compiti e le loro responsabilità” da cui scaturiscono i principi di gerarchia ed i conseguenti rapporti di subordinazione e dovere dell’obbedienza intesa come “esecuzione pronta, rispettosa e leale degli ordini attinenti al servizio e alla disciplina, in conformità al giuramento prestato”.

Il Regolamento definisce, inoltre, il campo d’azione degli “ordini militari” stabilendo che: “devono, conformemente alle norme in vigore, attenere alla disciplina, riguardare le modalità di svolgimento del servizio e non eccedere i compiti di istituto”. Nello specifico le condizioni per la applicazione delle disposizioni in materia di disciplina (l’ art. 1350 del Codice che stabilisce che “I militari sono tenuti all’osservanza delle norme sulla disciplina militare e sui limiti all’esercizio dei diritti, dal momento della incorporazione a quello della cessazione dal servizio attivo”), prevedono che le disposizioni in materia di disciplina militare si applicano nei confronti dei militari che svolgono attività di servizio; sono in luoghi militari o comunque destinati al servizio; indossano l’uniforme; si qualificano, in relazione ai compiti di servizio, come militari o si rivolgono ad altri militari in divisa o che si qualificano come tali, pur essendo tenuti, i militari che non si trovino nelle condizioni citate, all’osservanza delle disposizioni del codice e del regolamento per quanto concerne i doveri attinenti al giuramento prestato, al grado, alla tutela del segreto e al dovuto riserbo sulle questioni militari.

2.Le sanzioni disciplinari.

Un medesimo fatto non può essere punito più di una volta con sanzioni di differente specie salvo specifici casi previsti dal Codice.

Le sanzioni disciplinari si differenziano in “Sanzioni disciplinari di stato”: sospensione disciplinare dall’impiego per un periodo da uno a dodici mesi; sospensione disciplinare dalle funzioni del grado per un periodo da uno a dodici mesi; cessazione dalla ferma o dalla rafferma per grave mancanza disciplinare o grave inadempienza ai doveri del militare; perdita del grado per rimozione; e “Sanzioni disciplinari di corpo”: rimprovero, consegna e consegna di rigore.

Oggetto della presente trattazione sono le sanzioni disciplinari di corpo esaminate in funzione di quanto disposto dal Codice dell’ordinamento militare ed in riferimento alle pronunce giurisprudenziali.

a)Le sanzioni disciplinari di corpo

i)Il richiamo

e’ un ammonimento che può essere inflitto da qualsiasi superiore, senza obbligo di rapporto qualora il superiore sia collocato nella linea gerarchica di dipendenza del militare con cui sono punite le lievi mancanze e le omissioni causate da negligenza, non da’ luogo a trascrizione nella documentazione personale dell’interessato né è oggetto di particolari forme di comunicazione scritta o pubblicazione, tuttavia vale esclusivamente ai fini della recidiva, limitatamente al biennio successivo alla sua inflizione, nelle mancanze per le quali può essere inflitta la sanzione del rimprovero. (Tar Lazio, Sez. II, sent. 14 ottobre 1986, n. 2054:“Le semplici esortazioni all’ufficiale sottoposto riconducibili al rapporto gerarchico e consistenti in inviti a maggior prudenza e riflessione negli assunti e nei comportamenti non sono interpretabili come surrettizie forme di rimprovero o di sanzioni atipiche e non sono suscettibili perciò di ammissibile impugnativa da parte dell’esortato”. Contraria: Cons. Stato, Sez. III, parere del 18 febbraio 2003, n. 3053, “l’atto di invito di un superiore gerarchico “ad evitare in futuro comportamenti lesivi del buon andamento del servizio”, invece di rientrare, come sostenuto dall’amministrazione, nell’ambito dell’esercizio legittimo dell’azione di comando, “in realtà, al di là della formula usata (invito anziché richiamo), … ha tutti i caratteri quanto meno della più lieve delle sanzioni disciplinari, se non addirittura del rimprovero”

ii)Il rimprovero

consiste in una “dichiarazione di biasimo” con cui sono punite lievi trasgressioni alle norme della disciplina e del servizio o la recidiva nelle mancanze per le quali può essere inflitto il richiamo. A differenza del richiamo il provvedimento del rimprovero deve essere comunicato per iscritto all’interessato e viene trascritto nella documentazione personale.

iii)La consegna

consiste nella privazione della libera uscita fino al massimo di sette giorni consecutivi con la quale sono punite le violazioni dei doveri diverse da quelle previste per la consegna di rigore; la recidiva nelle mancanze già sanzionate con il rimprovero; le più gravi trasgressioni alle norme della disciplina e del servizio. Deve essere comunicata per iscritto all’interessato, il provvedimento viene trascritto nella documentazione personale ed è esecutivo dal giorno della comunicazione verbale all’interessato. I militari di truppa coniugati, ovvero i graduati, i sottufficiali e gli ufficiali che usufruiscono di alloggio privato sono autorizzati a scontare presso tale alloggio la punizione di consegna.

iv)La consegna di rigore

La consiste nella privazione della libera uscita con il vincolo di rimanere, fino al massimo di quindici giorni in caserma o a bordo di navi o nel proprio alloggio (privato o di servizio). Data la particolarità della sanzione, la consegna di rigore può essere inflitta solo per specifici comportamenti previsti dal Regolamento di Disciplina Militare. Si applica per le infrazioni specificamente indicate nell’ articolo 751 del regolamento nonché per fatti previsti come reato, per i quali il Comandante di corpo non richieda il procedimento penale (ex art.260 c.p.m.p.)o per fatti che abbiano determinato un giudizio penale a seguito del quale e’ stato instaurato un procedimento disciplinare. E’ data facoltà al Comandante di corpo di far scontare, per particolari ragioni di disciplina, la consegna di rigore in apposito spazio nell’ambiente militare anche al personale provvisto di alloggio privato o di servizio. Può essere disposto dal superiore che ha inflitto la punizione che la consegna di rigore venga scontata con le stesse modalità previste per la consegna, per particolari motivi di servizio. Il provvedimento relativo alla punizione viene subito comunicato verbalmente all’interessato, è esecutivo dal giorno della comunicazione verbale, deve essere successivamente notificato mediante comunicazione scritta e trascritto nella documentazione personale.

b)L’ impugnazione delle sanzioni disciplinari di corpo:

Il militare cui è stata inflitta una sanzione disciplinare di corpo può presentare istanza di riesame, ricorso gerarchico, ricorso giurisdizionale, ricorso straordinario al Presidente della Repubblica fermo restando che non sono ammessi il ricorso giurisdizionale o il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica prima di aver esperito ricorso gerarchico o prima che siano trascorsi novanta giorni dalla data di presentazione del ricorso gerarchico.

i)Istanza di riesame

Può essere presentata, in via gerarchica, alla stessa autorità che ha emesso il provvedimento, in qualunque momento, sotto forma di istanza scritta finalizzata ad ottenere il riesame della sanzione disciplinare qualora sopravvengono nuove prove che possano rendere applicabile una sanzione minore di quella comminata o che possano far dichiarare il proscioglimento dall’addebito. L’istanza di riesame non sospende l’esecuzione della sanzione né i termini per la proposizione dei ricorsi gerarchici. Avverso la decisione sull’istanza di riesame può essere proposto ricorso gerarchico.

ii)Ricorso gerarchico

Deve essere proposto per il tramite del diretto superiore che deve inoltrarlo “sollecitamente senza pareri o commenti all’autorità gerarchica immediatamente superiore a quella che ha inflitto la sanzione di corpo”. Deve essere proposto dall’interessato nel termine perentorio di trenta (30) giorni dalla notifica del provvedimento sanzionatorio.

iii)Ricorso giurisdizionale al T.A.R.

Deve essere proposto dall’interessato, per gli stessi motivi inseriti nel ricorso gerarchico con la sola possibilità di integrare motivi relativi ai vizi dello stesso procedimento amministrativo gerarchico o della decisione, nel termine perentorio di sessanta (60) giorni dalla notifica dell’eventuale rigetto del ricorso gerarchico, ovvero trascorsi novanta (90) giorni dalla data di presentazione del ricorso.

iv)Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica

Deve essere proposto dall’interessato, per gli stessi motivi inseriti nel ricorso gerarchico con la sola possibilità di integrare motivi relativi ai vizi dello stesso procedimento amministrativo gerarchico o della decisione, nel termine perentorio di centoventi (120) giorni dalla notifica dell’eventuale rigetto del ricorso gerarchico, ovvero trascorsi novanta (90) giorni dalla data di presentazione del ricorso.

c)Il procedimento disciplinare
i)I termini del procedimento

Il procedimento disciplinare è atto amministrativo avviato con la contestazione degli addebiti. Nessuna sanzione disciplinare può essere inflitta senza contestazione degli addebiti e senza che siano state acquisite e vagliate le giustificazioni addotte dal militare interessato: “Per giurisprudenza costante, anche nei confronti di un militare ogni sanzione disciplinare deve essere preceduta dalla contestazione degli addebiti che deve essere precisa e congrua per quanto riguarda i tempi e le modalità di svolgimento del procedimento disciplinare, in assenza della quale il provvedimento disciplinare deve ritenersi illegittimo (per tutte: T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 5 ottobre 2009, n. 9734).In questa sede preme analizzare in che modo il procedimento sanzionatorio debba essere condizionato dalla tempistica procedimentale al fine di equilibrare le garanzie giuridiche, l’esigenza di controllo, e le regole proprie dell’organizzazione militare. Il primo termine, dunque, da prendere in considerazione è quello entro il quale è possibile avviare il procedimento sanzionatorio passando dagli accertamenti preliminari alla notifica della contestazione degli addebiti all’incolpato che fissa l’inizio del procedimento opportunamente ponderato (T.A.R. Friuli – Venezia Giulia, sent. 26 maggio 2003, n. 188 (c.c. 19 marzo 2003), per la quale: “…se ritardo nella contestazione v’è stato, come ammesso del resto dalla difesa erariale, questo non vizia il procedimento con riferimento alla particolare situazione e alla necessità di acquisizioni istruttorie (cfr., da ult., Cons. Stato – Sez. IV, 27 marzo 2002, n. 1728; T.A.R. Puglia – Bari, Sez. I, 17 maggio 2001, n. 1753). Il codice impone che: “Art. 1397 Procedura da seguire nel rilevare l’infrazione 1. Ogni superiore che rilevi l’infrazione disciplinare, per la quale non è egli stesso competente a infliggere la sanzione, deve far constatare la mancanza al trasgressore, procedere alla sua identificazione e fare rapporto senza ritardo allo scopo di consentire una tempestiva instaurazione del procedimento disciplinare. Art. 1398 Procedimento disciplinare 1. Il procedimento disciplinare deve essere instaurato senza ritardo”. Le locuzioni “senza ritardo” e “tempestiva instaurazione del procedimento disciplinare” sono espressioni che conferiscono una natura acceleratoria al termine per il rapido svolgimento del procedimento tenendo conto delle esigenze di celerità dell’azione di comando e dell’efficacia della sanzione in relazione alla rapidità con cui è irrogata, ma anche che “costringa l’autorità amministrativa ad attivarsi entro termini ragionevoli, da valutarsi in relazione alla gravità della violazione ed alla complessità degli accertamenti preliminari e dell’intera procedura, in modo da non pregiudicare le possibilità di difesa dell’accusato il quale, se chiamato a discolparsi a notevole distanza temporale dai fatti contestati, potrebbe non essere più in grado di reperire elementi utili a propria difesa” (ex plurimis Cons. di Stato 1779/2010). Avviato il procedimento disciplinare, lo stesso deve avere una durata massima entro la quale deve essere emesso il provvedimento finale fissata, dall’articolo 1046 del D.P.R. n. 90/2010 “Testo Unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare” in novanta giorni. Chiaramente tale termine ha la duplice funzione di garantire da un lato il diritto del singolo ad ottenere una rapida definizione della propria posizione disciplinare e, dall’altro, ad assicurare i canoni di buona amministrazione. Tali canoni impongono, all’autorità che esercita la potestà sanzionatoria, di individuare il termine massimo entro il quale concludere il procedimento, in relazione alla complessità istruttoria del procedimento stesso, finalizzata ad acquisire tutti i dati utili necessari ai fini dell’emanazione dell’atto finale e conclusivo. Và altresì tenuto in debita considerazione il “contesto operativo” nel quale si svolge il procedimento che può condizionarne lo svolgimento. Dal termine massimo di durata del procedimento, stabilito dall’autorità preposta a irrogare la sanzione e comunicato all’incolpato nell’atto di avvio dello stesso procedimento, deriva anche il computo dell’ultimo termine del procedimento sanzionatorio, ossia quello a difesa.Il combinato disposto degli articoli 1370 1° comma e 1398, del Codice è statuito il diritto al contraddittorio e riconosciuta all’incolpato la facoltà di addurre giustificazioni. Tali giustificazioni dovranno essere acquisite e vagliate dall’autorità giudicante. Il termine entro il quale l’incolpato ha diritto a esercitare la sua difesa si desume dall’articolo 1029, 2°comma, e articoli seguenti del DPR 90/2010, che recepiscono le norme in materia di partecipazione al procedimento amministrativo di cui alla legge n. 241 del 1990, applicabili ai procedimenti disciplinari. Il citato comma 2 fissa il termine a difesa in due terzi della durata massima del procedimento, quindi, se il termine di durata del procedimento è pari a novanta giorni, il termine a difesa sarà pari a sessanta giorni. Lo stesso comma 2 del citato art. 1029 stabilisce, inoltre, chequando il termine del procedimento sia uguale o inferiore a trenta giorni, memorie scritte e documenti dovranno essere presentati entro dieci giorni dall’inizio del procedimento.Quindi, la possibile contrazione del termine a difesa conseguente alla riduzione del relativo termine massimo di conclusione, comporta che il procedimento possa legittimamente concludersi, con adeguata motivazione, in tempi brevi che comunque devono garantire il termine minimo alla difesa che non può essere disatteso anche qualora l’incolpato vi rinunci espressamente. Ciò in considerazione del fatto che l’Amministrazione ha il dovere, nella sua duplice contemporanea ed ambigua veste di accusa e giudice, ricercare nella verità un interesse legittimo ultroneo rispetto ai diritti soggettivi sottesi al procedimento. In definitiva il termine a difesa è garantito costituzionalmente ed è inviolabile. L’Amministrazione, nell’esercizio del dovere/potestà sanzionatoria deve in ogni caso consentire all’incolpato di far ascoltare e valutare le proprie ragioni da chi è chiamato a decidere, il comandante, che dispone di tale potestà sanzionatoria quale strumento di comando, funzionale all’azione educativa e correttiva di condotta non conformi del personale militare.

ii)Autorità competenti ad infliggere le sanzioni disciplinari

La consegna di rigore può essere inflitta esclusivamente dal comandante del corpo o dell’ente presso il quale il militare che subisce la punizione presta servizio; la consegna può essere inflitta dal comandante di corpo e dal comandante di reparto; il rimprovero può essere inflitto, dal comandante di corpo, dal comandante di reparto, dall’ufficiale comandante di distaccamento, dal sottufficiale comandante di distaccamento con attribuzioni di comandante di reparto. Per i militari comandati o aggregati presso un reparto, corpo o ente, ogni decisione in materia disciplinare e’ devoluta all’autorità militare dalla quale il militare dipende all’atto della decisione stessa. Rilevante, ai fini della efficacia/validità della sanzione è l’esatta individuazione dell’autorità competente ad infliggere la sanzione disciplinare, poiché per tradizionale orientamento giurisprudenziale (ex multis, Cass. civ. Sez. lavoro, 05-02-2004, n. 2168)“è nulla, perché in contrasto con norma di legge inderogabile sulla competenza, la sanzione disciplinare irrogata in esito a procedimento disciplinare instaurato da soggetto o da organo diverso dall’ufficio competente per i procedimenti disciplinari.”(Cons. di Stato 5457/2013).

iii)Contestazione dell’infrazione e rapporto disciplinare

L’infrazione disciplinare deve essere contestata nell’immediato al trasgressore e deve essere senza ritardo redatto il rapporto disciplinare allo scopo di consentire una tempestiva instaurazione del procedimento disciplinare. Il rapporto deve indicare con chiarezza e concisione ogni elemento di fatto obiettivo, utile a configurare esattamente l’infrazione. “la contestazione, per radicata giurisprudenza, deve rispondere ai criteri redazionali della chiarezza e completezza espositiva in merito al tipo di potere sanzionatorio che si potrà adottare, dei comportamenti contestati e delle fonti regolatrici che li individuano come illeciti; tali criteri sono ben evidenziati, peraltro, nell’art. 58 dello stesso regolamento di disciplina del 1986, per il quale il superiore che rileva l’infrazione deve redigere congruo rapporto che deve indicare con chiarezza e concisione ogni elemento di fatto obiettivo, utile a configurare esattamente l’infrazione” (Cons. Stato, Sez. IV, 27 ottobre 2009, n. 6593; Cons. Stato, 1708/2013). Il rapporto non deve contenere proposte relative alla specie e alla entità della sanzione. Qualora l’infrazione contestata rientri tra i comportamenti punibili con la consegna di rigore il comandante di corpo e’ obbligato a instaurare il procedimento disciplinare.(Cons. Stato, Sez. IV, sent. 10 marzo 2004 (c.c.19 dicembre 2003), n. 1157: “Nessuna sanzione disciplinare di corpo, ivi compreso il richiamo, può essere inflitta senza contestazione degli addebiti e senza che siano state acquisite e vagliate le giustificazioni addotte dal militare interessato)

iv)Instaurazione del procedimento disciplinare

Il procedimento disciplinare deve essere instaurato senza ritardo dalla conoscenza dell’infrazione; ovvero dall’archiviazione del procedimento penale; ovvero dal provvedimento irrevocabile che conclude il processo penale; ovvero dal rinvio degli atti al comandante di corpo al termine di inchiesta formale. Si svolge anche oralmente con la contestazione degli addebiti; l’ acquisizione delle giustificazioni ed eventuali prove testimoniali; l’esame e la valutazione degli elementi contestati e di quelli addotti a giustificazione; la decisione; la comunicazione all’interessato che deve effettuarsi verbalmente senza ritardo anche se l’autorità stessa non ritiene di far luogo all’applicazione di alcuna sanzione. Il provvedimento sanzionatorio, se diverso dal richiamo, deve essere comunicato per iscritto all’interessato con l’indicazione della motivazione redatta in forma concisa, chiara ed idonea a configurare esattamente l’infrazione commessa, indicando la disposizione violata o la negligenza commessa e le circostanze di tempo e di luogo del fatto.La sanzione deve essere irrogata in tempi ragionevoli rispetto all’infrazione al fine di evitare che l’illecito venga perseguito decorso un notevole lasso di tempo dal suo compimento, sminuendo la funzione preventiva propria della sanzione ed al fine di evitare che il militare rimanga nell’incertezza circa le determinazioni dell’Autorità competenti in ordine all’instaurazione o meno del procedimento, sempre salvaguardando e rispettando le garanzie difensive riconosciute all’incolpato.

(1)La consegna e la consegna di rigore

Per le mancanze tali da comportare la sanzione della consegna o della consegna di rigore, in caso di necessità e urgenza, il comandante di corpo, può disporre l’immediata adozione di provvedimenti provvisori, della durata massima di quarantotto ore, che devono essere confermati dall’autorità competente ad irrogare la sanzione, in attesa che venga definita la sanzione disciplinare. L’eventuale durata del provvedimento provvisorio va compresa nel computo della sanzione definitiva.

Qualora l’infrazione commessa preveda la sanzione della consegna di rigore, il comandante ha l’obbligo di sentire, prima della sua decisione, il parere di una apposita commissione disciplinare composta da tre militari, di cui due di grado superiore e un pari grado del militare che ha commesso la mancanza. Non possono far parte della commissione il superiore che ha rilevato la mancanza e il militare offeso o danneggiato. Nominata la commissione il comandante di corpo o di ente convoca l’incolpato, il difensore e la commissione stessa, procede alla contestazione degli addebiti; ascolta l’esposizione da parte dell’incolpato delle giustificazioni in merito ai fatti addebitatigli; ascolta eventuali testimoni e valuta eventuali documenti; ascolta l’intervento del militare difensore. Terminati questi adempimenti la commissione formula il proprio parere che viene espresso a maggioranza e comunicato al comandante entro il tempo massimo di due ore. Il parere della commissione non e’ vincolante, “e, pertanto, l’Autorità procedente può discostarsi da esso anche a sfavore dell’incolpato. Tuttavia, “dal punto di vista strutturale questa previsione incide sulla qualificazione procedimentale del parere, dato che, in presenza della facoltà di dissenso attribuita all’Organo decidente, il verdetto si configura come parere obbligatorio ma non vincolante. In questo quadro di riferimento, in sede disciplinare il dissenso del decidente – investendo la valutazione sulla ricorrenza dell’illecito disciplinare e sulla congruità della sanzione proposta – può dunque legittimamente relazionarsi anche ad un diverso apprezzamento delle risultanze istruttorie, essendo evidente che il giudizio finale circa la sussistenza e sulla gravità dell’illecito non può essere formulato se non mediante la contestuale individuazione e qualificazione delle condotte materiali effettivamente ascrivibili al militare in base ai riscontri probatori acquisiti nel procedimento. Ne consegue in generale, sotto il profilo funzionale, che l’Autorità deliberante da questo parere può discrezionalmente discostarsi in fase costitutiva col solo onere – secondo consolidati principi – di evidenziare con completezza le ragioni logiche e giuridiche che la inducono a disattendere il giudizio formulato dall’organo collegiale al termine del segmento procedimentale istruttorio” (Cfr., ex pluribus, Cons. St., IV, 10 agosto 2007, n. 4393)”. E’ appena il caso di rilevare, quindi, che qualora il Comandante si sottragga all’onere di tener conto del parere della commissione “limitandosi a riferire apoditticamente di aver “tenuto conto” del ripetuto parere: questo cenno – de plano – non integra quella doverosa e congrua esternazione del dissenso postulata dalla pacifica giurisprudenza. Questo vizio del procedimento in esame si riverbera sul provvedimento conclusivo, inficiandolo”(Tar Friuli Venezia Giulia 221/2009). La decisione viene comunicata al militare interessato, possibilmente entro lo stesso giorno, anche quando non sono applicate sanzioni, e comunque per iscritto nei casi previsti . (Cons. Stato, Sez. IV, sent. 10 marzo 2004 (c.c.19 dicembre 2003), n. 1157:… A conclusione del giudizio disciplinare instaurato per la comminatoria della sanzione disciplinare del rimprovero ed all’esito della valutazione delle giustificazioni fornite dall’interessato, l’autorità competente può disporre l’irrogazione della sanzione disciplinare del richiamo, nel rispetto della sua natura intrinsecamente orale).Deve essere redatto apposito verbale nel quale, oltre alla motivazione della decisione ed al parere della commissione, sono precisate le generalità dei componenti della commissione e del militare difensore.

(a)Il difensore

Il militare inquisito deve essere assistito da un difensore da lui scelto (fra militari in servizio, anche non appartenenti al medesimo ente o Forza Armata nella quale egli presta servizio) o, in mancanza, designato d’ufficio. Il difensore designato d’ufficio non può rifiutarsi salvo sussista un legittimo impedimento. A tal proposito si ritiene utile evidenziare che con la sentenza n°37/1992 fu sancito il diritto dell’incolpato a nominare un militare anche non in forza presso lo stesso Ente o Forza Armata “La preclusione, per il militare sottoposto a procedimento disciplinare, della possibilità di scegliersi un difensore al di fuori dell’ “ente” di appartenenza costituisce una limitazione palesemente incongruente, soprattutto in considerazione della particolare struttura delle unità organizzative militari, degli interessi coinvolti nel procedimento e della natura delle sanzioni irrogabili. Il condizionamento derivante dal vincolo di subordinazione gerarchica che caratterizza l’ambiente di vita del difensore – e, in particolare, quello rispetto al comandante del corpo competente a decidere e quello rispetto agli ufficiali che abbiano rilevato l’infrazione – può esser tale, in alcuni casi, da non garantire l’espletamento del mandato in modo adeguatamente imparziale e indipendente da pressioni esterne, specie quando la natura dell’infrazione contestata è tale da comportare una situazione di contrasto o di aspra tensione tra il militare incolpato e i restanti componenti dell’ “ente” di appartenenza. Pertanto la facoltà di scelta del difensore tra i militari di enti diversi da quello di appartenenza dell’accusato, ora esclusa dal legislatore, potrebbe costituire, invece, un mezzo per garantire il raggiungimento effettivo del fine di assicurare, al sottoposto a procedimento disciplinare, una difesa imparziale e indipendente da pressioni esterne. Conseguentemente va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 15, secondo comma, della legge 11 luglio 1978, n. 382 (Norme di principio sulla disciplina militare), nella parte in cui non prevede che il militare sottoposto a procedimento disciplinare ha la facoltà di indicare come difensore nel procedimento stesso un altro militare non appartenente all’ “ente” nel quale egli presta servizio.”. Muovendo da ciò la ritrattazione del nominativo del difensore di fiducia, può determinare l’annullamento della sanzione disciplinare poichè la nomina del difensore di fiducia è legittimata dall’art. 24 della Costituzione 2° comma (“La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento”)e quindi l’eventuale richiesta fatta, o imposta, all’incolpato di cambiare difensore è un atto illegittimo nonchè un abuso di potere. Un militare non può esercitare l’ufficio di difensore più di sei volte in dodici mesi. Il difensore non può essere di grado superiore a quello del presidente della commissione; non deve trovarsi in condizioni di incompatibilità previste dall’articolo 1380, comma 3 del Codice; non deve accettare alcun compenso per l’attività svolta; non può essere punito per fatti che rientrano nell’espletamento del mandato; è ammesso a intervenire alle sedute della commissione di disciplina anche se l’incolpato non si presenta alla seduta, nè fa constare di essere legittimamente impedito.

(b)Richiesta di differimento del procedimento

Può essere richiesta dal militare inquisito solo se sussiste un effettivo legittimo impedimento. Se la richiesta di differimento è dovuta a ragioni di salute l’impedimento deve consistere in una infermità tale da rendere impossibile la partecipazione al procedimento disciplinare e deve essere opportunamente documentato.

v)Sospensione, condono, cessazione degli effetti

L’autorità che ha inflitto la sanzione della consegna o della consegna di rigore può sospenderne l’esecuzione per concrete e motivate esigenze di carattere privato del militare punito o per motivi di servizio.

Il condono non comporta la cancellazione della trascrizione dagli atti matricolari o personali.

I militari possono chiedere la cessazione di ogni effetto delle sanzioni trascritte nella documentazione personale presentando istanza, per via gerarchica, al Ministro della difesa dopo almeno due anni di servizio dalla data della comunicazione della punizione, se il militare non ha riportato, in tale periodo, sanzioni disciplinari diverse dal richiamo. In caso di accoglimento dell’istanza le annotazioni relative alla sanzione inflitta sono eliminate dalla documentazione personale ed è esclusa ogni efficacia retroattiva.

E’ consentito l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio degli atti del procedimento disciplinare riconosciuti illegittimi dall’amministrazione militare, nei limiti sanciti dall’articolo 21 nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241.

Conclusioni

La disciplina militare ha trovato nella legge di principio del 1978 la prima regolamentazione giuridica che ha comportato per i militari il riconoscimento dei diritti che la Costituzione riconosce a tutti i cittadini, seppure con la previsione di alcune limitazioni all’esercizio di taluni di tali diritti. La creazione di un sistema disciplinare specifico e le innovazioni legislative che nel tempo hanno riguardato l’Ordinamento militare hanno attribuito al sistema di disciplina militare garanzie e regole procedurali definite atte a configurare il procedimento disciplinare militare quale procedimento giuridico, con le specifiche garanzie che ne derivano, e la conseguente previsione di sanzioni finalizzate ad inficiare i provvedimenti assunti in violazione delle garanzie: l’obbligo della preventiva contestazione e dell’esame delle giustificazioni a pena di inefficacia della sanzione; la decadenza dell’azione disciplinare dovuta al mancato rispetto dei termini perentori fissati dalla legge per l’iter del procedimento; la tutela del diritto di difesa che qualora sia leso determina l’annullabilità del provvedimento.

L’introduzione nell’ambito del procedimento disciplinare di corpo di un termine decadenziale dell’azione, seppure mutuato e desumibile solo attraverso il riferimento e l’interazione di leggi diverse, ha consentito di conciliare l’esigenza della certezza delle iniziative dell’Amministrazione e l’esigenza di celerità della definizione delle situazioni relative al personale, evitando che i destinatari dei provvedimenti rimangano in uno stato di patimento e mortificazione dovuto alla dilatazione discrezionale dei tempi per la definizione dei procedimenti.

In tale contesto i vincoli introdotti impongono all’amministrazione di esercitare i propri poteri con correttezza e secondo principi di imparzialità e buona amministrazione.

Con l’introduzione della legge 241/90 è stato previsto che l’amministrazione circoscriva il tempo di durata del procedimento disciplinare (90 giorni); è stato previsto esplicitamente il diritto dell’interessato di visionare gli atti del procedimento esercitabile in un tempo pari a due terzi della durata del procedimento (salvo il caso di procedimenti per i quali è fissato un termine di durata non superiore a trenta giorni, per i quali la produzione di documenti ed istanze può avvenire entro 10 giorni); ed è stato vieppiù affermato il principio della necessaria documentazione delle fasi orali del procedimento. Data la perentorietà del termine di 90 giorni, la perenzione di tale limite temporale comporta la decadenza dell’azione disciplinare.

Corre, tuttavia, obbligo di rilevare, a tal proposito, che la scadenza del termine per presentare memorie non comporta decadenza poiché, se il militare interessato non provvede a produrre quanto di suo interesse, l’amministrazione potrà procedere dovendosi ritenere la mancata tempestiva produzione quale rinuncia all’esercizio del proprio diritto. In tal senso, laddove non è possibile imporre al militare un minor termine entro il quale produrre le proprie giustificazioni, poiché ciò costituirebbe una palese violazione delle regole ed una illegittima compressione di un diritto, per giunta attinente l’attività difensiva, qualora il militare dovesse rendere le proprie difese in un termine più breve rispetto a quello concesso, l’amministrazione potrà vagliare le giustificazioni e assumere la decisione anche prima della scadenza del termine fissato.

Il termine di 90 giorni fissato per la durata del procedimento disciplinare di corpo comprende le diverse fasi comprese tra la contestazione (atto iniziale del procedimento) e la comunicazione del provvedimento (atto conclusivo del procedimento).