Cass. civ., Sez. lavoro, sent. n. 6939/2019, sono obbligati in solido tutti i datori di lavoro inadempienti che hanno causato, in tempi diversi, il danno alla salute del lavoratore, quando non è possibile scindere la responsabilità dei singoli concorrenti nella determinazione dello stesso

blocco

Il caso in questione attiene l’esposizione ad amianto da parte di alcuni lavoratori e le richieste di risarcimento del danno non patrimoniale, nelle due forme di morale ed esistenziale.

La Corte D’appello, riconosciuto il solo morale liquidato mediante la personalizzazione del risarcimento del danno biologico, quanto ad un dipendente-ricorrente stabiliva che il risarcimento fosse limitato al 50% del totale, in considerazione del limitato apporto causale riferibile alla società resistente rispetto alle altre concause lavorative precedenti.

Quindi, poneva un frazionamento dell’obbligo risarcitorio dalla lesione della salute del lavoratore sulla considerazione che l’entità dell’apporto concausale dell’attività lavorativa svolta alle dipendenze della società resistente dovesse ritenersi nettamente inferiore.

Sull’aspetto risarcitorio, inoltre, la Corte, dopo aver puntualizzato che il danno esistenziale andava distinto da quello morale stante la diversità e specificità del pregiudizio realizzato, statuiva  l’esclusione della sussistenza di danno morale da reato in ragione del definitivo accertamento della mancanza di lesione della integrità psicofisica dei ricorrenti, pur essendo integrata la condotta colposa della datrice di lavoro che aveva violato le regole precauzionali di cui al D.P.R. n. 303/1956, e, quindi, l’art. 2087 c.c

La Suprema Corte ribaltava la prospettazione fornita dai giudici d’appello sul primo punto, conformemente al principio secondo cui per il sorgere della responsabilità solidale dei danneggianti, l’art. 2055 c.c. richiede solo che il fatto dannoso sia imputabile a più persone, ancorchè le condotte lesive siano fra loro autonome e pure se diversi siano i titoli di responsabilità di ciascuna di tali persone.

Pertanto, l’unicità del fatto dannoso va riferita unicamente al danneggiato e non va intesa come identità delle azioni giuridiche dei danneggianti e neppure come identità delle norme giuridiche da essi violate.

Diversamente, la Corte adita riconosceva l’infondatezza del secondo punto, a causa delle genericità delle allegazioni e dei capitoli di prova,  e affermava che al di fuori dei casi di risarcibilità previsti direttamente dalla legge, il danno non patrimoniale è risarcibile unicamente se derivato dalla lesione di diritti inviolabili della persona riconosciuti dalla Costituzione, e vanno dunque respinte tanto la tesi che identifica il danno nella lesione stessa del diritto (danno – evento) che la variante costituta dalla affermazione che nel caso di lesione di valori della persona il danno sarebbe in re ipsa.