La congruità dell’offerta dell’operatore economico è valutabile solo in presenza di uno scostamento al ribasso del costo del lavoro obiettivamente sproporzionato e concretamente ingiustificato (Cons. Stato, Sez. V, Sent., n. 2796 /2020)

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La vicenda riguarda una procedura evidenziale per l’assegnazione del servizio di refezione per le scuole e per i dipendenti di due comuni friulani, nella quale la società non aggiudicataria proponeva ricorso al Tar con un unico e articolato gravame, fondato sulla non congruità e sostenibilità dell’offerta della società concorrente, e, in particolare, lamentava la sottostima del costo del personale e il mancato rispetto dei costi tabellari ministeriali, nonché l’abusiva valorizzazione dei fattori di riduzione del costo orario dei dipendenti.

Il giudice di primo grado respingeva le richieste e la società si appellava al Supremo Consesso della giustizia amministrativa che parimenti non rilevava la fondatezza del ricorso proposto.

Ed infatti, il Consiglio di Stato, nel ricordare che il sistema dei contratti pubblici è complessivamente informato al canone del rispetto degli obblighi gravanti sugli operatori economici in relazione alla normativa ed alla disciplina contrattuale lavoristica, chiariva che il riferimento parametrico al “costo del lavoro” desunto dalle tabelle elaborate annualmente dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali assume il valore di espressione del “costo medio orario” del lavoro, elaborato su basi statistiche: onde esse non rappresentano un limite inderogabile per gli operatori economici, ma solo un parametro di valutazione della congruità dell’offerta. Ciò sottende che il mero scostamento dai dati tabellari, specie se di lieve entità, non legittima di per sé un automatismo espulsivo, rilevando solo se obiettivamente sproporzionato, concretamente ingiustificato e presumibilmente idoneo a compromettere la (complessiva) affidabilità dell’offerta.

Con riferimento, inoltre, alla contestata valorizzazione del dato statistico aziendale relativamente all’assenteismo per malattia, gravidanza, infortunio o permesso a vario titolo, il Collegio ribadiva che solo uno scostamento vistoso e significativo dalle indicazioni parametriche delle tabelle ministeriali avrebbe potuto indurre, a fronte del carattere complessivo e globale dell’apprezzamento della struttura dei costi, a ritenerne l’inadeguatezza.

Infine, in relazione alla contestata operatività della clausola sociale, osservava che non era revocabile in dubbio la rilevanza della sua presenza ai fini della verifica dell’anomalia dell’offerta, ma siffatta clausola andava interpretata conformemente ai principi nazionali in materia di libertà di iniziativa imprenditoriale e di concorrenza. Pertanto, tale clausola, non poteva scoraggiare la partecipazione alla gara e limitare la platea dei partecipanti, incidendo sulla libertà d’impresa, riconosciuta e garantita dall’art. 41 Cost.

Dunque, Il Collegio ha affermato che sono consentiti aggiustamenti e spostamenti dei costi del lavoro dai dati tabellari ministeriali purchè non siano tali da compromettere macroscopicamente l’attendibilità e/o la sostenibilità dell’offerta dell’operatore economico e ha opinato altresì che il rispetto dei principi lavoristici va contemperato con l’interesse costituzionalmente garantito della libertà d’impresa.