Il consolidamento dell’orario di lavoro da part time a full time è sempre possibile?

La sentenza in commento involge l’importante, e quanto mai diffusa, tematica dell’imposizione del consolidamento dell’orario di lavoro part time con quello full time per frequente utilizzabilità. Di quest’ultimo.
Nel caso in esame, alla ricorrente, sottoscrittrice di un contratto di lavoro part-time, era stato, in maniera sistematica, ovvero non sporadica né occasionale, imposto lo svolgimento di un orario supplementare e pari a quello ordinario. L’utilizzabilità dell’orario straordinario diveniva via via l’effettivo orario di lavoro, ragion per cui, la lavoratrice chiedeva che il proprio orario di lavoro si trasformasse automaticamente da part time in full time pur non essendo mai avvenuta una novazione del rapporto di lavoro.
Parte convenuta sosteneva, invece, l’assunto della totale assenza, nella pretesa di parte ricorrente, di validi profili normativi e contrattuali che la sorreggessero, ovvero eccepiva l’assenza di alcuna fonte normativa o contrattuale, individuale o collettiva, che legittimasse la pretesa attorea, ritenendola pertanto contrastabile in quanto infondata in diritto.
Tuttavia, il Tribunale adito accoglieva il ricorso e riconosceva il diritto al consolidamento dell’orario full time. Il ragionamento logico giuridico del giudice di prime cure fondava la sua decisione su una chiara direttrice da tempo seguita dalla giurisprudenza di legittimità.
Granitica e ormai consolidata giurisprudenza stabilisce la non decisività delle clausole che regolano il negozio costitutivo del rapporto. Il rapporto nella sua concreta attuazione assume rilievo a fronte del diverso atteggiarsi dello stesso rispetto al suo contenuto effettivo. Di talchè, il Giudicante, che accerti la divergenza tra quanto concordato a quanto effettivamente realizzato può imporre la conversione (i consolidamento) pur in assenza di alcun requisito formale volto alla trasformazione di un rapporto a tempo parziale in rapporto di lavoro a tempo pieno” (cfr. Cass. n. 5520/2004, Cass. n. 3228/2008, Cass. n. 6226/2009).
Orbene, gli Ermellini ritengono, del tutto inconferente l’assenza di fonti normative o pattizie, anche collettive (quest’ultime norme di carattere prettamente programmatico e non cogente), perché nel rapporto di lavoro quello che conta non è tanto l’aspetto formale ma il dato di fatto, dunque nel concreto è l’esecuzione della prestazione lavorativa a sancire il diritto.
Di talchè, nel caso in esame, poichè la prestazione supplementare della ricorrente era pacifica e non contestata, il Tribunale ha accolto il ricorso e condannando la società convenuta a trasformare, formalmente, il contratto di lavoro da part time a full time.
La sentenza offre spunto alla disamina dell’annosa questio sull’esame dei principi giuridici che pongono alla modificabilità dell’originaria volontà contrattuale pur non voluta da una parte del sinalagma.
Infatti, sebbene la volontà negoziale sia stata formalmente espressa e, come tale, ha reso giuridicamente rilevante e vincolante un determinato rapporto giuridico, è pur sempre vero, secondo la Suprema Corte, che la stessa non deve nascondere un ulteriore e diverso rapporto giuridico ad esso sotteso, approfittando peraltro della forza contrattuale inferiore della parte debole del rapporto (il lavoratore). Nel rapporto di lavoro sono i comportamenti concludenti, i fatti dimostrativi a quantificare la prestazione, a chiarire più di ogni altro modo la volontà negoziale differente da quella iniziale, che non può restare relegata nel perimetro formalistico stabilito inizialmente dai paciscenti. D’altronde, l ’art. 1362 c.c., rubricato “intenzione dei contraenti”, stabilisce al 2° comma che il comportamento dei contraenti non è solo quello giuridico, cioè relativo al profilo tecnico del contratto, ma anche quello non giuridico, se collegato al contratto stesso. Inoltre, non si deve considerare solo la condotta alla stipula del contratto ma anche quella successiva, quindi quella adottata nel dare esecuzione all’accordo. Ininfluente, inoltre appare la circostanza che il lavoratore può rifiutare la prestazione
oltre l’orario part-time, posto che, come rilevato dalla Corte di merito (Cassazione nr. 31342/2018), l’effettuazione, in concreto, delle prestazioni richieste, con la continuità risultante dalle buste paga, evidenzia l’accettazione della nuova regolamentazione, con ogni conseguente effetto obbligatorio, im quanto variazione non accessoria dei contenuti del sinallagma negoziale
Appare dunque, dirimente, il principio, d’altronde applicabile a moltissime problematiche afferenti il contratto di lavoro, secondo il quale, il nudo formalismo lascia il passo all’effettivo atteggiarsi della realtà fattuale, e solo questa complessivamente considerata consente la tutela di quel caratteristico diritto soggettivo che non è solo il riflesso di un interesse economico ma una manifestazione della personalità e dignità dell’uomo.